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Il maxi-accordo da $300 miliardi tra OpenAI e Oracle non è solo una storia di affari e finanza, ma un vero e proprio spartiacque che ridisegna il confine tra l’economia civile e quella militare. Quella che a prima vista può sembrare una semplice transazione commerciale si rivela, a un’analisi più approfondita, come la più vivida manifestazione di una nuova era in cui l’intelligenza artificiale (IA) non è più una risorsa puramente commerciale, ma una tecnologia “dual-use” al centro della competizione geopolitica globale.
L’accordo che ha scosso i mercati
La notizia, riportata dal Wall Street Journal, ha avuto un impatto immediato e sismico. OpenAI si è formalmente impegnata ad acquistare potenza di calcolo da Oracle per un valore di 300 miliardi di dollari in un arco temporale di cinque anni, con l’inizio operativo previsto per il 2027. L’entità dell’accordo, uno dei più grandi nella storia del cloud computing, ha fatto schizzare le azioni di Oracle in borsa. In un solo giorno, il titolo ha registrato un balzo del 34.7%, raggiungendo un incremento che in alcune rilevazioni ha toccato il 36%. Questo improvviso picco ha aggiunto circa 230 miliardi di dollari alla capitalizzazione di mercato di Oracle, spingendo il suo valore totale verso il prestigioso “club del trilione di dollari”.
La reazione del mercato ha avuto una conseguenza ancora più eclatante: per un giorno, il co-fondatore di Oracle, Larry Ellison, è diventato l’uomo più ricco del mondo. Il suo patrimonio, legato a una quota del 41-42% dell’azienda, è schizzato a circa 393 miliardi di dollari, superando per la prima volta il patrimonio di Elon Musk. Questo cambio di guardia al vertice della classifica dei miliardari non è solo un dato finanziario, ma un simbolo narrativo che riflette la profonda fiducia degli investitori nella “corsa all’infrastruttura” dell’intelligenza artificiale.
L’effetto a catena non si è fermato qui. L’accordo ha generato un’onda positiva su tutto il settore tecnologico, sollevando in particolare le quotazioni dei fornitori di semiconduttori essenziali per i data center AI, come Nvidia, Broadcom e Advanced Micro Devices (AMD). Questo fenomeno è la punta dell’iceberg di un trend di investimento molto più ampio: secondo un’analisi di Morgan Stanley, tra il 2024 e il 2028 saranno investiti 2.900 miliardi di dollari in chip, server e data center, a dimostrazione di una “corsa all’infrastruttura” globale che ridefinisce il presente e il futuro dell’economia.
Le motivazioni strategiche: un cambio di paradigma
Per comprendere appieno il significato di questa intesa, è necessario analizzare le motivazioni strategiche di entrambi i partner. Storicamente, OpenAI ha fatto affidamento quasi esclusivamente su Microsoft Azure per le sue esigenze di calcolo. Tuttavia, a partire dal 2024, l’azienda ha avviato una chiara e deliberata strategia di diversificazione per ridurre la sua dipendenza da un singolo fornitore. L’accordo con Oracle rappresenta il culmine di questa mossa, il cui obiettivo principale è garantire la continuità e la scalabilità dell’offerta attraverso un portafoglio diversificato di infrastrutture.
Questa mossa non si limita alla semplice aggiunta di un nuovo fornitore. Il contratto è parte integrante di un’iniziativa congiunta nota come “Progetto Stargate”, un’ambiziosa joint venture da 500 miliardi di dollari che coinvolge anche SoftBank e G42. L’obiettivo è costruire data center appositamente ottimizzati per carichi di lavoro di intelligenza artificiale generativa. La prima fase del progetto, situata ad Abilene, in Texas, non è casuale: la scelta è dettata da fattori strategici come il costo relativamente basso dell’energia, la flessibilità normativa e l’ampio spazio disponibile. OpenAI sta quindi passando da un modello di semplice “cloud consumer” a un modello di “infrastruttura proprietaria”, co-progettando e co-finanziando una struttura fisica su larga scala.
Per Oracle, l’accordo rappresenta una vera e propria consacrazione. A lungo considerata uno “sfavorito” rispetto ai giganti del cloud come Amazon Web Services (AWS), Google Cloud e Microsoft Azure, che detengono una quota di mercato combinata del 65%, l’azienda si è riposizionata come un attore di primo piano nella “corsa agli armamenti” del cloud AI. Oracle ha sostenuto questa ascesa con una strategia aggressiva di investimento, dimostrata da una spesa in conto capitale di circa 21.2 miliardi di dollari nel 2025, con ulteriori 25 miliardi previsti per l’anno successivo, tutti dedicati alla costruzione di data center e all’acquisizione di hardware. Stringendo accordi multimiliardari non solo con OpenAI, ma anche con xAI di Elon Musk, Oracle ha dimostrato la flessibilità del suo modello di business, posizionandosi come un fornitore di infrastrutture specializzato, focalizzato sui carichi di lavoro più intensivi e strategicamente cruciali.
Il filo rosso che unisce l’IA alla sicurezza nazionale
La storia dell’accordo OpenAI-Oracle non può essere narrata senza considerare il contesto geopolitico. L’intelligenza artificiale non è più una tecnologia confinata al settore commerciale. La sua capacità di elaborare enormi quantità di dati a velocità superiori a quelle umane la rende un’applicazione cruciale in campo militare. Governi e vertici militari stanno destinando ingenti finanziamenti alla ricerca e allo sviluppo, con la NATO che ha istituito un fondo dedicato da un miliardo di dollari per gli investimenti in tecnologie emergenti e il Dipartimento della Difesa statunitense che ha creato la Task Force “Lima” per integrare l’IA generativa. Questi investimenti massicci creano un’infrastruttura di ricerca e sviluppo che inevitabilmente genera ricadute nel settore civile. Le stesse tecnologie che alimentano i modelli di linguaggio di OpenAI sono cruciali per l’analisi dei dati di intelligence o per i sistemi di targeting militare, creando un “ecosistema dual-use” in cui il capitale privato e la spesa pubblica per la difesa si rinforzano a vicenda.
La decisione di OpenAI di affidarsi a Oracle non può essere pienamente compresa senza considerare il ruolo che quest’ultima riveste nel settore della sicurezza nazionale. Oracle è un fornitore di fiducia del Dipartimento della Difesa (DoD) e della Comunità di Intelligence degli Stati Uniti. L’azienda ha sviluppato le “Oracle National Security Regions” (ONSRs), un’infrastruttura cloud “air-gapped,” ovvero completamente isolata da internet, progettata specificamente per gestire carichi di lavoro classificati. Queste regioni sono gestite e monitorate esclusivamente da personale con autorizzazione di sicurezza del governo statunitense, un fattore che conferisce un livello di controllo e fiducia assente in molti cloud commerciali.
Inoltre, la partnership strategica di Oracle con Palantir, un’azienda con profonde radici nell’intelligence e nella difesa, rafforza ulteriormente il posizionamento dell’azienda come fornitore di soluzioni per la sicurezza nazionale. In un contesto di crescente scrutinio geopolitico e di competizione globale per la leadership nell’IA, scegliere un partner con una comprovata esperienza e una solida reputazione nel settore governativo offre un livello di sicurezza e stabilità che altri fornitori puramente commerciali potrebbero non garantire.
Conclusioni e prospettive future
L’accordo OpenAI-Oracle è, in sintesi, la prova definitiva che la distinzione tra infrastruttura tecnologica commerciale e militare sta svanendo. Il Progetto Stargate, un’iniziativa annunciata in un contesto politico di alto profilo alla Casa Bianca con il Presidente Donald Trump, non è solamente una mega-operazione commerciale. L’investimento privato e gli obiettivi di profitto sono direttamente allineati con la strategia statunitense per mantenere la leadership globale nell’IA e competere con avversari geopolitici. Questo fenomeno di sinergia tra settori riflette un nuovo modello economico in cui le innovazioni sviluppate e finanziate dal settore privato diventano rapidamente strumenti di potere nazionale e strategico.
Il futuro del mercato del cloud AI sarà caratterizzato da un’intensificazione della “corsa all’infrastruttura”. La domanda di potenza computazionale non accenna a diminuire, e ciò comporterà nuove sfide relative alla sostenibilità ambientale, alla sicurezza della catena di approvvigionamento e alla necessità di una cooperazione pubblico-privata più stretta. È probabile che si verifichino ulteriori accordi di scala simile, poiché le aziende tecnologiche cercheranno di assicurarsi capacità di calcolo a lungo termine per sviluppare modelli sempre più complessi. L’interdipendenza tra gli attori tecnologici e gli imperativi governativi diventerà sempre più profonda, con conseguenze sulla regolamentazione e sulla governance dell’IA. In questo nuovo panorama, il valore di un’azienda non sarà più misurato solo dai suoi fondamentali finanziari, ma anche dalla sua posizione strategica nella catena di approvvigionamento e dai suoi legami con la spesa governativa per la difesa e l’intelligence.